Lo stemma dei quattro mori

Raffigurazione classica della bandiera ufficiale della regione Sardegna, non riconducibili a un’entità statuale effettiva, l’origine dell’emblema (sor battoro moroso o sos batteros moros nelle due varianti principali della lingua Sarda) è senz’altro uno degli affascinanti misteri della storia sarda.
Gli studiosi sardi e iberici sono ancora divisi sull’origine dell’emblema.

La prima associazione dello stemma dei Quattro Mori alla Sardegna avvenne durante il dominio aragonese: esso era stato creato da Pietro I d’Aragona per celebrare la sua vittoria sugli Arabi nel 1096,  favorita anche dall’intervento di un cavaliere dalle armi bianche e con una croce rossa sul petto (San Giorgio).

Nacque così lo SCUDO BIANCO con la CROCE ROSSA e nei QUATTRO ANGOLI accantonate le QUATTRO TESTE dei RE ARABI sconfitti, molto prima dell’entrata a far parte della “Corona d’Aragona” nel 1281 ad opera di Pietro III d’Aragona come ipotizzato da alcuni studiosi.

Il primo a fornire una spiegazione dello stemma sardo era stato il gesuita Jacopo Pinto nel 1624. Egli sostenne che Papa Bonifacio VIII, per incitare i Sardi a liberarsi dagli Arabi e ad unirsi sotto l’emblema della croce contro gli infedeli, avesse assegnato loro lo stendardo bianco-crociato, sul quale essi dopo la vittoria posero le quattro teste di moro per ricordare i quattro successi militari ed i re mori catturati e uccisi.
Un’altra ipotesi indica in Raimondo Berengario IV (primo re catalano-aragonese) come ideatore dell’emblema per il Regno d’Aragona, dopo la sua vittoria sui Mori in quattro province catalane. Altri, invece, indicano le quattro teste come le quattro vittorie dei Sardi su Museto o, meglio ancora, le quattro cacciate dei Mori dalla Sardegna, una contemporanea nascita dello stesso emblema in due terre diverse.

Non esisterebbe alcuna prova di un simile vessillo rappresentante i quattro giudicati, peraltro sempre in guerra tra di loro. Il dibattito è così continuato fino ai giorni nostri; scartata l’ipotesi di una contemporanea nascita dell’emblema in terra iberica e sarda, resta, comunque, la similitudine nella raffigurazione dei mori bendati, a significare gli Arabi sconfitti sia nella storia dei Sardi che in quella degli Aragonesi.

Col passaggio ai Savoia nel 1720, all’emblema pre-esistente, venne sovrapposto lo stemma sabaudo: un’aquila con scudo rosso con croce bianca sul petto.

L’emblema ereditato dagli aragonesi venne utilizzato per la monetazione del Cagliarese, coniato a Cagliari, città da cui prese il nome.

Con l’Unità d’Italia, il simbolo divenne espressione della sola Sardegna, utilizzato dalla Brigata Sassari nella Grande Guerra, nelle epiche battaglie sul Carso.
Emilio Lussu, che di quelle battaglie fu il più nobile testimone letterario, finita la guerra, lo scelse come simbolo del nascente Partito Sardo d’Azione.

Dal 1952, è divenuto l’emblema ufficiale della Regione Autonoma della Sardegna con un decreto del Presidente della Repubblica. L’ultima revisione, datata 2005, ha fissato le bende calanti sulle fronti e lo sguardo rivolto a destra a simboleggiare l’appartenenza e fedeltà alla Repubblica italiana.

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