Siamo tutti d’accordo sul fatto che si tratti di un fenomeno fastidioso, sleale e traviante. Di questo ne abbiamo ampiamente parlato anche in un nostro precedente articolo: Clickbait e l’inevitabile fenomeno del web spazzatura.
Ma come si identifica dal punto di vista legale il tanto odiato click-baiting?
Ad osservare il fenomeno e le motivazioni che spingono all’impiego di esso, notiamo come dietro di sè si nasconda una fonte di guadagno di origine quanto meno dubbia, se non ai limiti del lecito.
L’art. 640 del codice penale inquadra all’interno del reato di truffa chiunque, attraverso artifici o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. Il “clickbait” potrebbe essere ricondotto, nelle procedure giudiziali, all’interno di questa fattispecie criminosa ed identificato come condotta deviante determinata da interessi economici.
Inoltre, la proliferazione di “fake news” può generare reati quali diffamazione, procurato allarme o addirittura istigazioni alla violenza.
L’art. 656 del codice penale sanziona come reato la pubblicazione o la diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico.